Ma l'amor mio non muore / Epilogue è il naturale seguito della Trilogia della Memoria ed è un trio: Alessandro Bernardeschi, Mauro Paccagnella e la ballerina e coreografa italiana Carlotta Sagna.
«Con Ma l'amor mio non muore / Epilogue, Wooshing Machine ci offre un dono infinitamente raro e prezioso, quello di far convivere – insieme – gravità e allegria, disinvoltura e disarticolazione, gigioneria e autoironia, infantilità e maturità. E ci regala amore, tanto amore, in una storia costruita come un mosaico: lo guardiamo e ne sentiamo l'effetto sia da vicino, nell'immediatezza di ogni episodio, un piccolo mondo unico, sia da lontano, in un insieme che rivela la sua forza attraverso la giustapposizione e il dialogo. E lo spettacolo, infuocato e vivace, rimane nella mente e nell'anima anche molto tempo dopo che le luci si sono riaccese, perché ci si ritrova a canticchiare frammenti della sua colonna sonora, ricca di memoria collettiva. È vero che l'amore non muore, ma il tempo passa e i corpi dei monelli invecchiano. Corpi, perché le loro anime conservano la verve vivificante che permette loro di afferrare – afferrare come “prendere a piene mani, tenere alto nell'aria, e riposare” – i ruoli iconici, tra realtà e finzione, del vincitore del premio alla Regina della Notte. Ma l'amor mio non muore / Épilogue prende e riposa molto – oggetti, corpi. Senza mai perdere la sua umanità.
E il pubblico sente i mobili – i mobili come le articolazioni degli artisti? – scricchiolare. Davanti a noi, si spezzano. Quando un corpo minaccia di cadere, è l'altro, il compagno, che si regge, si sostiene, prima di barcollare all'indietro. Dietro la gioia selvaggia – o meglio con la gioia, perché ripetiamolo: in Wooshing Machine tutto esiste insieme – c'è la gravità, quella di cui parla così bene Carlotta Sagna nel suo monologo. Lo stesso vale per quest'altra magnifica sequenza, in cui i tre artisti, vasi ciechi impigliati in se stessi, sembrano porci questa domanda bruciante e universale: cosa possiamo fare con i nostri corpi?
Dalla grazia, a volte strana, a volte maschile, di Carlotta Sagna, Mauro Paccagnella e Alessandro Bernardeschi, emerge in un solo respiro la minaccia della dislocazione. Quella del mondo, perché questi artisti sono prima di tutto nel mondo e ci parlano di esso, di questo mondo che si spegne ovunque nella malignità del conflitto.
E di fronte a questo, cosa fa l'artista? Si distrae? Ci dà spunti di riflessione? In che modo? Che posto dare alla tecnica, al movimento che è stato pensato e lavorato? Cosa sono il movimento e la tecnica senza direzione? Tutte queste domande profonde ed eterne sorgono, per poi essere spazzate via dall'eccitazione – l'eccitazione, ad esempio, di una sequenza di gioco, in cui riscopriamo la piacevole primarietà del linguaggio.
Questi tre stanno sempre armeggiando con qualcosa. E questo fa stare bene.
Appunti del 16.02.2024 – Anna Ayanoglou
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Un tavolo, tre persone, Heart of Glass di Blondie
I fiori
Jean Genet
Una viola da gamba barocca
Giacomo Leopardi, John Cassavetes, Bill Viola, Caravaggio, Diane Arbus e Nan Goldin, Beethoven, Nilla Pizzi, Emmanuel Carrère, Hyeronimus Bosch
“La vera vita, la vita finalmente scoperta e chiarita, l'unica vita quindi pienamente vissuta, è la letteratura” (M.P. che non è Mauro Paccagnella)
Desiderio e speranza
Bob Marley
Epilogo: ciò che termina, conclude un'azione lunga e intricata, denouement
Tracce della trilogia della memoria
Ma io vi prevengo che vivo
per l'ultima volta.
Né come rondine, né come acero,
né come giunco, né come stella,
né come acque sorgive,
né come suono di campane
turberò la gente,
e non visitò i sogni alrui
con un gemito insaziato.
(Anna Achmatova)
Appunti di lavoro del novembre 2022, Madrid – Alessandro Bernardeschi