La solitudine non è detta. Non è un destino, neanche quando tutto fa pensare che non possa essere che così: la fabbrica dal lunedì al sabato, la caffettiera da uno, le parole che non si scambiano con anima viva. Il lavoro, il riposo, il lavoro, la domenica vuota di tutto, il lavoro, ancora. Che ha una tradizione, un orgoglio, tracce e macchie sulla pelle e sui vestiti, perché a quello si è consegnata una vita, si è giurata un’appartenenza, perché con quello si è plasmata un’identità, da quando un operaio è un operaio. Da quando il lavoro è una lotta, da quando una lotta è un canto.
Ma un giorno, anzi, una notte per Ivo arriva l’amore. Arriva intero e assoluto, senza pesi e misure da prendere, niente da valutare, come se fosse stato preparato e fatto maturare nelle ore che scorrono tutte uguali, nello stabilimento. Arriva da un altro continente e scivola leggero lungo il grande fiume prima di bussare alla sua porta, prima di apparire, solido e appena segnato dal tempo, davanti ai suoi occhi già pronti all’incontro. Ivo sa tutto di lei, ma non conosce il suo nome, e se lo conoscesse non saprebbe pronunciarlo, così gliene dà uno scelto apposta, Rosa.
«Rosa è proprio bella, anche se ha già della ruggine profonda e qualche ferita, perché l'hanno fatta girare senza olio. È la pressa più grande che abbia mai immaginato».
Da un punto imprecisato della seconda metà del secolo scorso, richiamo a luoghi ed eventi che hanno incarnato il boom industriale del nostro paese, la storia piccola e surreale di Ivo ci riconsegna i sentimenti e i concetti che definiscono, o che dovrebbero definire, il fondamento della Repubblica Italiana, come da Costituzione: la dignità, la dedizione, la responsabilità. E con questi, la speciale variante della cura, per il proprio lavoro, per le azioni, per i suoni, per gli oggetti del proprio lavoro. Una cura che si allarga e si illumina fino all’amore, percepito e vissuto con i palpiti, le insicurezze, le fantasie che conosciamo, con una sensibilità umana che smonta la macchina e la rende persona, in una transustanziazione metalmeccanica dove la sostanza di ferro e olio di Rosa si fa corpo e sangue operaio. Perché tutti se ne possa prendere.